Che posto occupa la Reggia di Caserta nella storia dell’arte ? Qual'è il vero valore storico?

Per rispondere a questa domanda è necessario accennare ad un quadro generale dell’architettura ai tempi, esaminare quindi le influenze che l’hanno caratterizzata, e vagliare i giudizi dati dagli studiosi che si sono occupati dell’argomento.

L’asserita universalità dell’arte francese,e quindi anche dell’architettura, in tutta Europa nel XVII e soprattutto nel XVIII secolo, non può essere accolta senza rinunciare alle risultanze di uno studio obiettivo.

La figura di Luigi XIV che dominò la vita europea nella seconda metà del Seicento, e gli splendori della Corte francese, esercitarono senza dubbio un grande fascino sia sui popoli che sui regnanti, ognuno dei quali sognò di sicuro una residenza simile a Versailles.

Il re Sole trasformò Parigi, fondò l’accademia di architettura che ebbe sede nel Louvre e tanto altro;
diede in grande impulso alle arti chiamate a glorificare il suo regno.

Ma tutto questo non poteva arginare l’espansione della vivissima architettura italiana che traeva spunti dalla sua antica storia.

In Inghilterra, morto Inigo Jones, il primo a portare l’architettura rinascimentale oltremanica,  primeggiava Cristoforo Wren, che costruì tra l’altro la cattedrale di S. Paolo sorta sulle rovine della vecchia distrutta da un incendio.

Wren fu ammiratore e seguace dell’arte italiana ed ebbe un vero e proprio culto per il Bernini.

Dopo Il Wren vi è un ritorno deciso verso il palladianismo (che prende il nome dall’architetto Andrea Palladio 1508-1580) di Inigo Jones, che fiorisce in Inghilterra per tutta la metà del XVIII secolo.

In Germania ed in Austria nei primi anni del Settecento, l’arte francese venne accolta con grande interesse, tant’è che la ritroviamo nelle maggiori città; nonostante tutto però l’architettura italiana mantenne una posizione forte e non solo nel campo religioso.

Principi e prelati tedeschi chiamavano con molta frequenza architetti italiani come gli Zuccalli, i Viscardi, i Gabrieli; tutti artisti di alto valore, che nonostante furono influenzati dalle regole palladiane, non di rado svilupparono concetti romani e borrominiani.

In Austria i maggiori architetti del periodo, Von Erlach e Von Hildebrandt si formarono a Roma alla scuola di Carlo Fontana; molti italiani eressero chiese, teatri e palazzi in terra d’Austria.

In Spagna fu chiamato Filippo Juvara, maestro anche del Vanvitelli, per costruire il palazzo reale di Madrid e successivamente per altre costruzioni in Portogallo.

Ma la stessa architettura francese fu influenzata da quella italiana; tra il seicento e il settecento, nell’Accademia parigina di architettura si discutevano trattati di Vitruvio, Palladio, Alberti, mentre i giovani che frequentavano l’Accademia di Francia a Roma maturavano a contatto con i capolavori dell’arte italiana.

Non a caso Luigi XIV quando decise di ampliare il Louvre chiamò a Parigi il Bernini per dar seguito ai suoi sogni di grandezza.

L’architettura italiana, dunque, nei secoli successivi al Rinascimento, dominava ancora l’Europa sia attraverso il palladianismo, sia attraverso la via tracciata dagli architetti barocchi come Bernini e Borromini.

Dalla metà del settecento si evidenziò un nuovo movimento che diede vita ad opere che rappresentavano spesso al fusione di più influenze anche se dai caratteri ben distintivi.

Luigi Vanvitelli fu uno tra quelli più in evidenza nel rappresentare nelle sue costruzione concetti che si fondono.

E la Reggia di Caserta rappresenta proprio questo concetto;
infatti Brinckmann scrive: “le leggi di composizione francese si sposano con la pienezza del sentimento barocco italiano”;

il Gurlitt affermò che il Vanvitelli, dopo la reggia, chiude il periodo dello stile barocco in Italia, classificando implicitamente il palazzo casertano;

l’Osborn dice di Vanvitelli, sempre riferito alla sua opera maggiore, che con esso l’architetto effettuò il passaggio al classicismo;

Sitwell affermò che il palazzo reale di Caserta rappresentava il nuovo classicismo sobrio e solido.

Il palazzo di Caserta quindi rappresenta l’inizio di una nuova espressione architettonica che traeva tesoro e fondeva diversi stili, che hanno predominato nei due secoli precedenti.

Per citare le parole di uno studioso straniero: “raramente forme tanto grandiose si sono viste unite ad un più ricco impiego di nobili materiali”

Luigi Vanvitelli, con quest’opera, si dimostrò degno della fiducia di Carlo di Borbone e costruì per lui uno dei più belli palazzi d’Europa.