Il Parco della Reggia di Caserta non è quello ideato dall’Architetto Luigi Vanvitelli;
le condizioni economiche del regno all’epoca dell’ultimazione dei lavori, imposero delle semplificazioni che alla fine si risolsero a vantaggio di un più vivace rilievo del motivo principale della composizione, ossia, la cascata ed i bacini le si stendono davanti.

Al concetto di giardino, fatto di viali distesi a perdita d’occhio con sfondo di campagne lontane, praterie circondate da boschetti con specchi d’acqua, si sostituì quello del parco che divenne una delle espressioni più significative dell’arte barocca.

Il parco di Caserta è l’ultimo esemplare di queste grandiose concezioni spaziali, create tra il Seicento e il Settecento, quando il concetto della regalità si manifestò sotto le più solenni forme esteriori.

Vanvitelli fu sicuramente influenzato dalle realizzazioni di parchi fatte in tutta Europa, tra cui anche Versailles; tuttavia, più che il ricordo degli esempi europei, prevalse lo studio del terreno e la visione chiara delle possibilità che offriva un paesaggio aperto a mezzogiorno verso il mare, chiuso a nord da un semicerchio di colline e ricco di una vegetazione lussureggiante.

Il parco della Reggia di Caserta si stende quindi dietro il palazzo, ridotto ad una semplice striscia di terreno, che a rampe successive porta fino ai piedi della cascata dove si alza il colle di Briano dove la folta vegetazione sembra continuare l’opera del Vanvitelli.

Il progetto iniziale prevedeva un parterre diviso in aiuole fiorite, con larghi disegni ornamentali a volute, a conchiglie, a nastri intrecciati, oltre a grandi vasche, fontane e balaustre che avrebbero aggiunto la grazia e il fasto tipico del Settecento.

A tutto ciò fu sostituito un semplice prato che comunque restituisce in pieno la maestosità del palazzo.

Tutti i viali aperti nel bosco conducono alla Castelluccia, luogo di svago del giovane Re.